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10.11.2014 14:26

Roma, stazione Termini, metropolitana - Linea B,  direzione Laurentina, ore 08.00
Ogni mattina in questa città, in questa stazione, su questo mezzo di trasporto che va in quella direzione, va in scena uno degli spettacoli più malinconici di sempre, il sipario in realtà inizia ad aprirsi in stazione già prima di scendere in metro, ma su questo mi soffermerò un'altra volta; diciamo solo che la più totale frenesia davanti ai binari cela in qualche modo quello che è impossibile invece nascondere nel momento in cui nei vagoni della metro si è costretti a fermarsi un momento. E ci si ferma davvero, nel senso che dopo l'enorme sgomitata, bestemmiata mentale e non, c'è talmente poco spazio vitale che pur volendo sarebbe impossibile muovere un braccio. In quel momento ogni mattina ringrazio di avere il naso perennemente chiuso e con la musica sparata nelle orecchie  mi guardo lentamente intorno. Sulla metro c'è davvero ogni categoria umana, tutte, nessuna esclusa, ma non mi interessa in questo momento parlare dell'enorme varietà di queste persone, mi interessa invece esaminare  l'unica cosa che tutti loro hanno in comune, l'espressione.  Cercare un volto sereno sulla metro sarebbe come cercare l'ago nel pagliaio; ci sono cento motivi facilmenti intuibili e altrettanti inimmaginabili dall'esterno che disegnano espressioni così malinconiche sui quei volti, fatto sta che sono così e mi regalano la mia dose mattutina di comprensibile malinconia ed umanità. Solo che cercando questo maledetto ago in questo pagliaio di gente, spesso si riesce a trovarlo: quest'ago è un cucciolo di uomo, sbattuto su un passeggino nell'angolo del vagone, il più delle volte non riesce a dormire per il rumore che provoca il treno nella galleria sotternanea, perciò con quei suoi occhioni fa esattamente quello che faccio io, guarda lentamente i passeggeri. Lui però è l'unico autorizzato a sorridere, perché diciamocelo se qualcun altro sorridesse come un bambino sulla metro  verrebe scambiato per un pazzo o per un maniaco, ma lui no, lui può sorridere ed è proprio in quel momento che avviene la magia. Lo studente, l'uomo in giacca e cravatta, il senzatetto e l'anziana signora vengono colpiti da quel delicato sparo  di tenerezza, lo sparo non fa male, colpisce il volto e ne rilassa i muscoli e il più delle volte disegna un - seppur breve - intenso sorriso su quelle labbra rassegnate. Allora guardo quei sorrisi momentanei e vedo il mio, rilfesso nella porta, scendo dalla metro, il sipario si chiude e nel mio cuore rimbomba un tenero applauso. 

07.11.2014 21:17

Ti scrivo con quelle parole che avevo perso, le avevo perse nel cielo di stasera che sembra un bimbo troppo assonnato per  piangere. Sai, stasera ho visto Poesia,  l'ho vista farsi strada tra quei sanpietrini umidi e profumava di frutta, come quella nelle cassette ben esposte su quella salita, sì quella, quella che abbiamo percorso insieme per mano. Hai capito bene, io e te. Ed eravamo io e te, le mani strette e tu con i tuoi capelli pettinati male e solo dal vento, la tua camminata svogliata e quel sorriso nascosto, insomma dai proprio tu. Tu che stringevi me, lo so che hai capito, quella con Pasolini sotto il braccio, la sigaretta in mano e il naso storto, insomma proprio io. E su quella salita sai, io c'ho visto proprio noi. Lo so che hai capito, eravamo noi. 

07.11.2014 11:20

 Stamattina avrei voluto alzarmi e mangiare i soliti biscotti per accompagnare la mia tazza di tè.
Stamattina mi sono  alzata e ho mandato giù lontananza per accompagnare la mia tazza di tè.
Non mi piace neppure la parola, mangiarla m'è piaciuto ancor meno, sapore amaro e consistenza viscida, disgustosa. Benché questa parola letteralemente stia ad indicare una distanza spaziale, mi rendo conto di quanto effetivamente i chilometri qui siano proprio l'ultimo dei problemi.
 Su questo alimento così schifoso e viscido che ho mandato giù stamattina c'erano incisi i nomi di persone fisicamente davvero vicine a me, persone che consumano ossigeno a pochissimi chilometri da me, persone che hanno consumato almeno gli ultimi anni di vita insieme a me. Lontane. Se c'era vicinanza e ora c'è lontananza evidentemente c'è stato allontanamento, ma su questo non saprei davvero cosa dire, quando m'accorgo d'esser lontana da qualcuno, m'accorgo anche che è troppo tardi, che la fase dell'allontanamento non l'ho colta o non sono stata in grado di fermarla. A volte mi sento come quando sei su un treno fermo e il treno al binario accanto inizia a muoversi, eppure tu hai la netta sensazione che sia il tuo treno a muoversi, insomma poi alla fine non si sa bene quale fosse il treno in movimento, di certo quei treni dopo pochi secondi si sono allontanati e hanno continuato il loro viaggio in direzioni opposte. 

06.11.2014 22:01

A volte nella sera
faccio finta che va tutto bene
perché conviene.
( Le stelle - A.M. )

Perché in effetti conviene. 

I problemi non si risolvono da soli, non li risolve mamma, non li risolve il tempo, non li risolve Dio. E questo lo sappiamo veramente tutti, lo sappiamo tutti che finché non sfiliamo dalla tasca o da quel cassetto impolverato il coraggio di affrontarli quelli restano lì a marcire e puzzeranno ogni giorno di più, fino a che non arriverà il momento in cui sarà impossibile far finta di niente e blablabla, lo sappiamo tutti. Però poi certe sere sticazzi, fondamentalemnte per due motivi: il primo è che è vero, le cose  prima s'affrontano e meglio è, ma non sempre  è possibile risolvere tutto subito e un po' d'attesa diventa fisiologica; il secondo motivo - non per importanza - è che spesso non ci rendiamo conto di quanto è il nostro dannarci su un qualcosa che consideriamo un gran problema a renderlo veramente tale. A volte immagino i problemi come gatti ed il cibo rappresenta l'importanza, più cibo diamo ai gatti e più questi diventano cicciotti, così come i nostri problemi. La differenza è che i gatti grassi sono belli, i problemi grandi no. Non sto dicendo che i gatti sono problemi, cioè non so neanche che diavolo c'entrano i gatti, ma so che c'entrano i problemi. Insomma, date da mangiare ai vostri gatti, ma i problemi per una sera lasciateli a digiuno. Tanto non vi preoccupate, quelli non muoiono di fame. 

05.11.2014 23:08

Quante volte è capitato - magari al liceo - di dover prendere una poesia, parafrasarla, analizzarla da un punto di vista metrico, retorico, lessicale, stenderla sul lettino dell'autopsia e lavorare di bisturi?  E spesso questa scomposizione e analisi così dettagliata assorbiva, seppur momentaneamente, la magia di quei versi. Ecco, credo che con i sentimenti accada qualcosa del genere. Spesso abbiamo la necessità di prendere i nostri sentimenti e parafrasarli, tradurli, analizzarli, sezionarli, magari per averne maggiore consapevolezza, per sentirci più sicuri, per vederli più chiaramente, ma potremmo pensare che a volte quella patina che li ricopre e che sentiamo il bisogno di togliere, non sia nient'altro che una polverina di stelle che ne conserva un po' la magia.                
Perché i sentimenti è meglio viverli che aspettare che svaniscano mentre continuiamo a descriverli. 

05.11.2014 13:42

Pretendiamo comprensione, pretendiamo d'essere capiti. Ma capiti da chi? Lo pretendiamo come diritto, eh ma dovresti capirmi, eh ma almeno tu dovresti capirlo. No, non è vero un cazzo. Non possiamo pretendere d'esser capiti proprio da nessuno e non so bene il perché. Forse perché le emozioni restano sempre e comunque impulsi elaborati nel nostro encefalo e quindi probabilmente per quanto simili, sono pur sempre frutto di organismi diversi, elaborate in modo diverso, percepite in modo diverso da ciascun individuo.
Non lo so, in ogni caso no, io non voglio essere capita.
Sentirsi compresi genera profonda rassicurazione, ma se posto come aspettativa non può che generare profonda delusione, malessere, frustrazione, il famoso Nessuno mi capisce. 
Empatia. L'etimologia di questo prezioso termine così violentato suggerisce proprio la capacità di entrare nel pathos, di essere in grado di comprendere, di entrare a pieno nello stato d'animo altrui. Empatia è qualcosa di splendido, ma estreamentoe raro, eccezionale. E non è sull'eccezione che si può fare la regola. 

Si può invece sperare di essere lasciati in pace, liberi di compiere le proprie scelte, di compiere i propri sbagli ed è qualcosa di talmente logico che espresso finisce per suonare banale e retorico. Invece questo non è possibile perché viviamo col dito puntato contro per tutto, centinaia, migliaia di dita pronte ad indicarci, migliaia di bocche pronte a sputare sentenze. Viviamo in un enorme e camuffato - neanche troppo - tribunale, io cito er Manna e ve dico che « quanno un giudice punta un dito contro un povero fesso, nella mano stringe altre tre dita... che indicano se stesso. »


 

05.11.2014 13:37


Percepisco violenza. La percepisco in quest'aria pesante.
Percepisco violenza nelle intenzioni, violenza generata da insoddisfazione, da mancanza di visioni realistiche, da mancanza di umanità.
Percepisco violenza nei gesti, nelle parole sussurrate e in quelle borbottate, la percepisco nelle urla, nei pianti di nascosto. 
Percepisco violenza nella presunzione, percepisco violenza nell'incomprensione, percepisco violenza dentro di me adesso. Non ha lasciato il segno, ma se chiudo gli occhi brucia.

16.09.2014 21:15

C'è che i grandi il dolore non lo sanno nascondere.
E' più logico pensare che sia il bimbo piccolo incapace di farlo, scoppiando in lacrime alla prima occasione oppure la ragazzina adolescente lunatica ed emotiva. Invece no.
Sono i grandi che il dolore non lo sanno nascondere. 
Spesso se lo tengono sul fondo dello stomaco, è li immobile a stagnare, il suo processo di demolizione da parte dei succhi gastrici è lento e spesso inefficiente. 
Infatti ogni tanto torna su, sale su, su e arriva fino alle pupille, luccica un po'. 
No, credetemi. I grandi il dolore non lo sanno nascondere.

15.09.2014 01:19

Domani io dormirò e voi andrete a scuola, vi sveglierete presto per iniziare quello che sarà un anno di compiti, interrogazioni, professori che scazzano, urla, immense rotture di coglioni, pianti e per i più sfigati anche gli esami, ah quanto non vi invidio.

Sì, l'ho sempre immaginata più o meno così la mia notte prima del mio primo non primo giorno di scuola, in realtà le cose sono andate un po' diversamente. Non dormivo mai per l'eccitazione durante quelle che erano le ultime ore di vacanza, durante quella notte immaginavo come sarebbe stato tornare in quella dannata scuola che detestavo dal più profondo del cuore dove non vedevo l'ora di rimettere piede. Almeno per vedere i miei compagni, sì spesso lo negavo, in realtà non vedevo l'ora di rincontrarli, loro con i nuovi tagli di capelli, qualche centimentro d'altezza in più e gli stessi sorrisi di sempre. E i prof, sì. Avevo voglia di riveder anche loro, magari non tutti allo stesso modo, ma ne avevo voglia, anche al fine di realizzare il mio proposito che imperterrita mi riproponevo ogni inizio di settembre. Dovevo dimostrare ai miei insegnanti di esser cresciuta, senza considerare che a loro non fregava minimamente nulla e che in ogni caso il mio proposito sarebbe crollato ogni anno alla prima e ricorrente nota disciplinare. E infatti. Questa notte la vivo così, tra nostalgia, gioia e paura. No, non vorrei davvero tornare, non vorrei rivivere neppure un altro istante lì dentro.

Quindi io domani dormirò, voi vi sveglierete presto per iniziare quello che sarà un altro anno di paure, gioie, soddisfazioni, scazzi, risate pazzesche. Non invidio perché so di aver già vissuto davvero tra quelle mura, di aver preso il massimo da quelle persone, dai loro volti, dai loro scazzi, dai loro sorrisi, da quei cinque anni.
Buon inizio.


 

01.08.2014 11:41
Da sempre la rosa viene identificata come il fiore simbolo dell'amore, dal mito di Adone ed Afrodite alla fiaba de La bella e la bestia e ancora l'associazione tra il rosso e la passione... del resto quale innamorato non regala una rosa?
Ebbene sì, mai associazione fu più azzeccata.
Quel profumato fiore dalla forma così elegante, dal colore così intenso nasconde - e neanche troppo - tante piccole, ma pungenti spine, capaci di provocare un dolore, seppur breve, così intenso.
E quante volte ci capiterà nella vita di pungerci con una spina di una rosa?
E quante volte ancora continueremo a carezzare, acquistare e regalare quel fiore così splendido per godere della sua bellezza?
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