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14.06.2014 11:41

Si fa la guerra 
ma chi di noi è più forte?
Chi ha pianto di notte,
chi ha perso più volte?

Si fa la guerra 
ma qui non c'è il migliore
si piangono le stesse lacrime
si perdono le stesse ore

E questa guerra
la vince il dolore,
intanto noi, si fa la guerra,
ma si potrebbe far l'amore.

10.06.2014 11:40

 

Scricchiola ogni certezza
si schiude piano, tentenna
è un giorno fragile oggi
dietro le spalle il mio guscio
ancora fresco, così vicino
è già troppo distante
perché è un giorno fragile
oggi, domani
Si Vola.

11.05.2014 11:39

Devastanti. Le emozioni sono devastanti. E più sono il frutto di passioni vorticose e più sono devastanti. E quando la superficie fisica è così ridotta rispetto a quella emotiva, il tutto diventa ulteriormente devastante. Perché le emozioni ti stritolano lo stomaco, ti dilaniano il cuore e insoddisfatte di sbranano l'anima. E di te non rimane nulla, se non un corpo in brandelli, trangugiato dalla passione. 
Cari Epicureisti, vi lascio con tutto il rispetto alla vostra atarassia, in quanto a me io preferisco vivere così: devastata.

04.05.2014 11:37
Ragazzo del blues
Mi iniettano etanolo nelle vene
le parole tue,
ed io ricordo senza piacere
le sbronze mie,
adolescenziali e innocue
come gli occhi tuoi mentre mi parli
di chi io non conosco
e tu neanche.
Ma lui conosce te,
ti si ricorda.
Ti guarda di nascosto,
non ti ascolta.
Allora dove sta questa violenza?
Fagliela vedere
sputagliela addosso
ricordargli che è tua questa esistenza.
 
Ragazzo del blues
cercavi dal mondo l'evasione
come ti senti ora chiuso dentro una prigione?
La chiave ce l'hai in tasca
apri quelle sbarre
se non puoi buttarla, dalla me
saprò che farne.
Lui è un fallito, guardalo
non ti fa pena?
Gli metterei le mani addosso
ma al suo livello squallido
io non mi ci abbasso.
E tu alzati.
Ora prendi la chitarra
alza quel volume
e ti ubriacherai davvero
senza una bottiglia.
29.04.2014 11:35
Non era il mio momento
forse non lo è mai stato
e quel primo di febbraio
non decisi io
una preoce contrazione
mi scaraventò qui.
E vomitai
su quello stesso mondo
che aveva appena vomitato me.
24.04.2014 11:34

 


 

La Negra te llamaron
tu voz sacudió un pueblo
tu alma sacudió una nación
 
que sufrió de un dolor así fuerte
lo sentiste quemar sobre tu piel
lo sentiste gritar de tu gente
 
grande fue el amor para tus hermanos
grande fue el amor para tu novia Libertad
La Negra te llamaron, y aún te llaman
 
Es roja esta noche la luna de Tucumán

 

13.04.2014 11:33
E' piovuto così tanto. Forse ce n'era solo bisogno. Chi lo ha detto che si debba sempre sorridere nella vita? Dov'è scritto che bisogna sempre farcela? E mortificarsi per tutto e accumulare frustrazioni, perché sì, la verità è che non sono invincibile, neppure io. E forse un giorno passato a piangere e distruggere la mia dignità contro un muro non è un giorno perso. Quelle lacrime che bagnano ancora i miei vestiti forse non sono così sprecate. E respiro. Guardo il cielo. Sorseggio un succo d'arancia e sorrido. Guardatemi, sono un'anima fragile o forse sono un fallimento, il fallimento più bello del mondo. Vivo.
 
07.04.2014 11:32
siamo anime fragili
ma abbiamo tutto questo

 

 

le luci della città vista dal colle
assorbivano quella sensibilità
le nuvole coprivano il tramonto
ma noi lo vedevamo lo stesso
eravamo lì per quello
guardavamo il sole
respiravamo tutto il resto

 

 

siamo anime fragili
ma abbiamo tutto questo

 

 

i fili d'erba vibravano al vento
due cuori, la stessa eresia
io ti cullavo nei versi
tu mi affogavi nel blues
non capivamo più niente
dimmi amico,
quale era musica e quale poesia?
12.03.2014 11:30

I gabbiani danzavano su di te come impazziti in quella notte di marzo, aspettavano l'arrivo del battello e poi volavano via a scaldare un altro punto delle tuo lungo manto, fino al momento in cui il solletico delle loro delicate zampette non si era trasformato in una dolce carezza e tu hai chiuso gli occhi sotto quel cielo senza stelle.
Io, anima incerta disturbavo timidamente i tuoi sogni, ero lì un po' per caso, un po' per sbaglio a lasciarmi cullare dalle tue acque. Il mio cuore sventolava piano, il vento stanco consumava i miei respiri sereni che si distendevano sulla tua coltre, felicemente abbandonati dal mondo e accolti dalla notte. Nei miei occhi erano riflesse le luci della città, quelle luci tremule che bagnavano i tuoi sogni, chissà cosa stavi sognando Moldava, chissà se apprezzavi la mia compagnia, quella delle luci, quella del vento, quella dei gabbiani, chissà quale gradivi di più e di quale avresti fatto con piacere a meno. Di certo so che apprezzavi la sua vicinanza, quella della donna che condivideva con me ogni respiro, ogni soffio di vento, ogni riflesso di luce, tu la cullavi con tenerezza, lei ti guardava con complicità. 
Il freddo m'aveva immobilizzato gli arti, non sentivo più davvero il mio corpo e questo mi dava la possibilità di immaginare meglio, di fondermi con te, di annegare le mie paure nelle tue acque scure e di lasciarle lì a poltrire, a farsi corrodere sul tuo letto di pietre.

05.02.2014 11:29

Guardavo la città, sopra di me il cielo era d'asfalto, guardai le mie scarpe. Conoscevano quel cielo. I miei Levi's poggiavano su quel muretto freddo e discontinuo, il vento fumava la mia sigaretta e in cambio mi carezzava i riccioli di paglia. Tra le mani l'Antologia di Spoon River era aperta a pagina 399 dove sul foglio giallastro l'inchiostro nero sussurava " Forse pensi, viandante, che il Destino/ sia un trabochetto esterno/ che puoi schivare usando/ previdenza e saggezza." Mi fermai un istante prima di proseguire e pensai alle parole che avevo letto, quella lettera D maiuscola che avviava la parola destino mi scosse un po'. Pensai al mio di Destino, ebbi paura. Non trovai concretezza nei pensieri, vidi una foglia di tè, una notte d'amore, un ramoscello di ulivo tra le ruote della mia vecchia Bianchi e un libro aperto di John Fante, poi vidi il mare di notte e a quel punto iniziai a naufragare nel profondo dei dedali della mia mente brandita dalla più intensa delle vertigini, inspirai con forza, lasciai cadere il mozzicone dalle mani e liberai con delicatezza l'aria immessa poco prima, vidi il vapore della condensa raccogliersi davanti ai miei occhi umidi, poi lo guardai allontanarsi e disperdersi nel cielo cinereo, prima che potesse raggiungere le nuvole di smog della città. Solo dopo capii che quel vapore era l'immagine del mio destino, rado, inconsistente e destinato a scomparire prima di raggiungere lo smog del mondo. 

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