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dicono che a volte è meglio non sapere. non è vero un cazzo. almeno sapendo riuscirei a farmi un'idea della quantità del dolore che il mio stomaco ha il diritto di provare. invece no, non sapendo e sforzandomi di non sapere il mio stomaco esplode lì, improvvisamente alle ore 11.49 di una domenica del cazzo. quelle domeniche in cui le maiuscole non mi va di metterle. quelle domeniche in cui i libri di scuola diventano delle teste di cazzo che ti guardano dalla scrivania e il tentativo di approcciarmi a loro è fottutamente inutile. il ticchettio dell'orologio deve andarsene a fanculo. ciò che mi resta sono i tasti di questa stupida tastiera, sembrano gli unici tranquilli stamattina, stanno là, zitti, si lasciano premere dalle mie dita senza resistenze, permettendomi di vomitare qualche lettera su questo schermo. quando preferirei invece vomitare la mia anima nel cesso.
Quando sto sull'autobus mi piace guardare fuori dal finestrino e fare un gioco: dimentico chi sono, quanti anni ho, dove sono e perchè e improvvisamente so solo di stare su un autobus da qualche parte nel mondo e lo scopo del gioco è ricostruire la mia vita cogliendo i dettagli fuori dal finestrino. Perchè in fondo di cosa viviamo se non di dettagli ? Sul dizionario un dettaglio èogni minima parte che compone un insieme, una sorta di atomo della vita. La differenza è che gli atomi hanno una loro logica, una loro disposizione ben precisa, matematica diremmo. I dettagli no. Hanno forma, dimensioni e posizioni differenti, a volte sono maledettamente piccoli, ma questo è uno di quei casi in cui la grandezza non è affatto proporzionale all'importanza, anzi... a volte sono proprio i piccoli dettagli quelli più insidiosi, quelli che una volta notati si immettono nella nostra testa e iniziano a tessere la propria ragnatela.
Questa è la mia vita, una ragnatela di dettagli.
dans cette illusione
io ti aspetto
mamma
In questo viaggio la meta conta poco, si sa. La velocità del passo, gli odori e i colori che assorbiamo durante il cammino contano già di più, ma in realtà ciò che rende questo percorso un viaggio e non una semplice corsa sono i nostri compagni.
Non esistono compagni di corsa, esistono compagni di viaggio.
Poco importano età o specie vivente, ciò che conta è l'affinità dei nostri battiti cardiaci e la complicità dei nostri sguardi. I compagni di viaggio si incontrano per caso e si tengono per scelta, talvolta si compiono insieme brevi tratti di strada, intensi. Altre volte tratti più lunghi, ma semplicemente più spensierati. Spesso entrambi.
Poi arriva quel momento, quello in cui ci separiamo.
Qualcuno cambia strada e prende la direzione opposta alla tua arrivati a quel bivio, qualcunaltro invece fa un passo indietro e magari non lo rivedi più. Qualcuno si ferma. Si ferma non per egoismo, sa che soffrirai adesso senza di lui, ma ha camminato molto, se fai attenzione te ne accorgi, guarda i suoi piedi, guarda le sue zampe, sono stanche. Ora guarda i suoi occhi, sono felici. Puoi fermarti un po' con lui, poi riprendi la tua strada. Inizialmente ti sembra difficile il cammino, invece poi capisci che l'ultima energia presente in quelle gambe non è svanita, adesso ce l'hai tu, qualcosa simile ad una trasfusione energetica. Adesso camminare ti sembra più facile, più leggero, sorridi ai tuoi compagni di viaggio, non dimentichi mai quelli passati, non potresti farlo neanche volendolo, è grazie alla loro energia che muovi ancora le tue gambe.
Mi chiedo come due occhi possano avere un potere tale, come due bulbi oculari inseriti in due cavità orbitarie riescano a emanare una così elevata quantità di energia. A volte splendono talmente tanto che lei è costretta a coprirli con un paio di Ray-Ban a goccia per proteggere il sole, o forse solo per non farlo morire d'invidia. Gli occhi di Medusa pietrificano, i suoi invece rapiscono, ma è quel tipo di rapimento che provoca alla vittima la sindrome di Stoccolma. Chi sarebbe così stupido da liberarsi di quello sguardo? E' strano poi pensare che dentro quegli stessi occhi c'è nascosto di tutto, Mary Poppins rinuncerebbe di certo alla sua borsa se le fossero offerti in cambio. Un cockatil di ricordi, paure, speranze ed esperienze al quale si aggiunge una goccia di consapevolezza, quel poco che basta a non farla diventare presunzione. La dolcezza che decora apparentemente le sue pupille come zucchero a velo, in realtà è il primo ingrediente dell'impasto, ma lei non lo sa, o pur sapendolo, non lo ammetterebbe mai.
Gli occhi di C. non sono lo specchio della sua anima, come avrebbe detto Platone. Lo specchio riproduce le immagini in maniera troppo imparziale. La sua anima, invece, è dilaniata da quegli occhi affamati.